Passione, dedizione, creatività, metodo: “SHAPE” è il titolo del primo evento sull’arte nel nuovo locale di Alessandro Borghese a Venezia, città tra le più affascinanti del pianeta. Situato a palazzo Cà Vendramin Calergi prestigioso immobile che ospita anche la sede del principale Casinò di Venezia.
Ampio spazio e’ dedicato, nelle prestigiose sale del ristorante, alle opere dell’artista Alessandro Antonucci, che omaggia lo chef con un ritratto e la città’ con l’opera “Venice”. Come una portata nasce da singoli ingredienti, Antonucci studia la singolarita’ dei colori, creandone un dialogo equilibrato nei dipinti informali. Nelle altre sale l’artista si spinge a dare forma ai propri dipinti, rappresentando morbide silhouette femminili, che si amalgamo perfettamente all’ambiente circostante.
Le opere esposte da Davide Serpetti, che nel prossimo Ottobre esporra’ in una mostra personale a Villa d’Este di Tivoli e ad Artverona, sono nate dalla fascinazione per “Medardo Rosso”, unite ad una serie pittorica ispirata a delle sculture “non finite”. L’artista propone un’allegoria di personaggi carichi di luce. Essi si presentano sotto forma di icone.
Artista presente anche nello spazio Milanese, Riccardo Gusmaroli con suoi vortici di barche sulle tele riproduce viaggi immaginari con rotte impossibili, frutto di associazioni, sensazioni e connessioni che derivano dagli stessi materiali. Una musicalità calcolata, raccontata dalle onde di carta piegata sotto forma di oggetti legati al tema del viaggio, dove la ricerca spazia dal concetto di leggerezza ai rapporti di luce e ombra, pieni e vuoti, azione e non azione.
Da non perdere la fusione di bronzo di David Reimondo, realizzata dal calco di una scultura di pane. Al pane, elemento nutritivo tra i più antichi e deputato all’evocazione di sensi spirituali oltre che terreni, è affidato il compito di incarnare il fil rouge dell’insieme.
I meravigliosi giardini esterni sono dedicati a Francesco Di Luca, artista già presente nel locale di Milano e reduce da innumerevoli mostre pubbliche.
Lo scenario è un mondo di lamiere, materico nella congiunzione di piccole barre di metallo smaltate, che saldate tra di loro come singole esperienze, cicatrici e ricordi, plasmano corpi il cui senso vitale trae origine dallo spettro dell’assenza.
Ecco che la fisicità, il corpo diviene solo un ricordo lontano, la dissolvenza della materia, della carne non viene totalmente negata solo grazie alla persistenza dell’involucro, che ne delinea ancora contorni e fattezze.
Francesco Di Luca vede in queste forme attorcigliate, in queste lamiere umane, una possibilità di unione del singolo con l’universale, il particolare e il generale, il senso dell’intellegibile congiunto all’estrinsecazione del mondo sensibile.